16 dicembre 2011

The wrestler [Megaupload]

Negli anni '80 Randy "The Ram" Robinson era un eroe del pro wrestling all'apice della carriera. L'incontro con il rivale Ayatollah, sconfitto il 6 aprile 1989, sarebbe rimasto per sempre nella storia dello spettacolare sport. Tuttavia, venti anni dopo "l'ariete" porta sul corpo i segni della lotta. Appesantito e decaduto, lavora part time in un grande magazzino e pratica il wrestling nelle palestre dei licei, ogni fine settimana, per la gioia dei (pochi) fan che gli sono rimasti. 


Megaupload CD1 e CD2






Anno: 2008
Nazione: USA, Francia
Durata: 109 min
Regista: Darren Aronofsky
Cast: Mickey RourkeMarisa TomeiEvan Rachel WoodMark MargolisTodd BarryWass StevensJudah FriedlanderErnest MillerDylan Keith SummersTommy FarraMike MillerMarcia Jean KurtzJohn D'LeoAjay NaiduGregg Bello

5 commenti:

Busillis ha detto...

Film intenso e non banale, che trova la sua cifra specifica nel graduale passaggio in cui conduce lo spettatore da un'immagine di stereotipata superficialità, propria di un wrestler ormai sul viale del tramonto, a quella di un uomo che è costretto ad affrontare, con i mezzi che ha (sintomatica la scelta registica di formare l'inquadratura utilizzando spesso la macchina da presa a mano alle spalle del protagonista: così vediamo il mondo con i suoi occhi), i principali problemi dell'esistenza, rinviati nel tempo, sino ad un finale che potrà esser letto come vittoria o una sconfitta.
Il regista ci invita a farlo, tuttavia, dal punto di vista del protagonista, non dal nostro.

Anonimo ha detto...

bravo! bellissimo il tuo appunto: l'utilizzo della macchina da presa per vedere il mondo dagli occhi del protagonista. È una chiave di lettura che mi era sfuggita!

Settimina ha detto...

Già, l'irriducibile forza della soggettività. Quanto questo complica le cose quando cerchiamo di comprendere gli altri per davvero. Ma resto ottimista, e il film a mio avviso lo è. Grazie Busillis. Vedo che hai seguito il mio suggerimento e hai attaccato le dita alla tastiera, per nostra fortuna. Ho apprezzato.

Busillis ha detto...

@ anon: grazie, ma diciamo che nella pragmatica della comunicazione cinematografica l'utilizzo della cinepresa a spalla in soggettiva è notoriamente e quasi sempre il sintomo di una voluta spersonalizzazione del punto di vista, da quello del regista a favore di quello del 'soggetto che vede': fai dunque sempre attenzione quando lo noti perché quando lo fa il regista vuol sicuramente significare qualcosa (sta poi a te scoprire cosa).
Con la presa a spalla in soggettiva il problema è che però 'soggetto che vede' è sia il protagonista della scena (nella cui visuale, con questa tecnica, ci mette il regista; che dunque in realtà non spersonalizza, ma anzi personalizza al quadrato la sua estetica), sia lo spettatore stesso, che 'vede' sullo schermo direttamente quello che dovrebbe vedere il protagonista.
In questo senso il protagonista della visione con la ripresa in soggettiva a spalla diventa (può diventare/dovrebbe diventare ecc.) lo spettatore, non più l'attore.
Nel film in commento il regista Aronofsky segue nelle parti più significative Mickey Rourke appena da dietro, inquadrandolo cioè di spalle ad esempio mentre cammina, volendoci dire - a mio avviso - che in quel momento ci fa vedere quello che il protagonista vede, non facendo diventare lo spettatore il 'soggetto che vede' in prima persona.
Una conferma - sempre a mio modo di vedere - la trovi in quel momento di straordinaria intensità artistica quando, nella terza parte del film, dopo aver scelto di lasciare il wrestling, per guadagnarsi da vivere The Ram inizia a lavorare al banco di un supermercato: l'ingresso dal retro del magazzino (luogo interiore, in cui il protagonista è a contatto solo con se stesso) al bancone della salumeria (luogo pubblico, in cui The Ram dovrà nuovamente confrontarsi con gli altri *per lavoro*) è ripreso dal regista nella stessa maniera con cui aveva ripreso l'ingresso di Mickey Rourke nelle sale da combattimento; in più lo accompagna però (e questo è per me un tocco da maestro) non con i rumori vuoti del corridoio del retro di un supermercato, ma con quelli del backstage di una affollatissima sala di combattimento (evidentemente quelli che sentiva dentro di sé, facendo quel tragitto, lo stesso protagonista), sino al tragico momento del disvelamento, ossia il passaggio della tenda, che segna l'attraversamento dal luogo interiore a quello pubblico, dal mondo del pubblico acclamante del passato al rumore indistinto del nuovo presente.

@ Settimina: grazie a te, sinceramente non avevo compreso che l'altra volta quel suggerimento fosse rivolto a me. L'apprezzamento è cmq reciproco.

SemprePat ha detto...

Mi inchino ai commenti così professionali di Busillis.
Questo per me vuol dire essere Competenti!