Sarajevo 1949, dopo la scomunica del Cominform e il distacco da Mosca della repubblica titina: lo stalinismo degli antistalinisti dilaga, e ne fa le spese anche Mesa (M. Manojlovíc), brav'uomo e indefesso puttaniere, rinchiuso senza processo in un campo di lavoro da dove esce nel 1952. In una certa misura la storia è raccontata attraverso gli occhi innocenti di Malik (M. de Bertolli), piccolo sonnambulo e figlio di Mesa.
Carica di ricordi degli anni di guerra, Gemma si reca a Sarajevo con suo figlio Pietro per assistere a una mostra in memoria delle vittime dell'assedio, che include le fotografie del padre del ragazzo. Diciannove anni prima, Gemma lasciò la città in pieno conflitto con Pietro appena nato, lasciandosi alle spalle suo marito Diego, che non avrebbe mai più rivisto, e l'improvvisata famiglia sopravvissuta all'assedio: Gojko, l'irriverente poeta bosniaco, Aska, la ribelle ragazza musulmana e la piccola Sebina. L'intenso amore e la felicità tra Diego e Gemma non erano abbastanza per colmare l'impossibilità di Gemma a concepire figli. Nella Sarajevo distrutta dalla guerra, i due trovarono una possibile surrogata, Aska. Gemma spinse Diego tra le sue braccia per poi essere sopraffatta dal senso di colpa e dalla gelosia. Ora una verità attende Gemma a Sarajevo, che la costringe ad affrontare la profondità della sua perdita, il vero orrore della guerra e il potere di redenzione dell'amore.